Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Ossigeno



Il tempo a disposizione è sempre poco e scorre inevitabilmente. Le giornate passano veloci e io ho sempre voglia di muovermi, di provare nuove emozioni. Brucio in un attimo le emozioni provate e ne cerco subito altre, indipendentemente che queste siano forti o meno. Quindi devo muovermi… uscire…. svagarmi. Il portare a fare un giro le bimbe in bicicletta diventa spesso il pretesto. Le carico sul Chariot e con loro trascorro bellissimi momenti alla ricerca di una nuova emozione: l’emozione nel vedere la grande che raccoglie un fiore per portarlo alla mamma, il suo stupore nel vedere le mucche che mangiano l’erba e fanno la pipì. O il sorriso senza denti della piccola ad ogni mio richiamo… Ma so che anche questi stupendi momenti, che mi danno tanto, dureranno poco e dopo avrò bisogno di nuovo ossigeno. Non è importante che l’ossigeno arrivi da una impegnativa scalata di mille metri o da un semplice giro di 10 km in bicicletta, da una notturna in Grignetta o da un pomeriggio trascorso al parco giochi con le bimbe, l’importante è che arrivi. A volte, pur avendo tutto, penso di essere insoddisfatto… o, forse, lo sono. Una microavventura di qualche ora mi ridà grinta, felicità e mi fa sognare per qualche giorno…
















Il risolutore


Quest’anno la famiglia si è allargata (ed è una bellissima cosa!) e quindi l’allenamento manca… ma questo è poco importante.
La voglia di mettersi in gioco, di “ravanare” però c’è sempre (e questo è importante!)
E’ da molto che non faccio un vione, una di quelle vie che ti “mettono in bolla”, ti impegnano per una o più giornate, non per il grado ma per tutto il contorno. Mi mancano un po’…
Finalmente l’alta pressione è arrivata e, complici le ferie, riesco a prendere un bel 36 ore di licenza.
L’idea c’è… è in un cassetto della mia testa già da molti anni. Ho salito altre vie sulla parete ma mi manca la classica per eccellenza.
Una delle vie che ha consolidato il soprannome di “risolutore” al suo primo salitore, il grande Cassin.
Si, perché salire su quelle placche nel lontano ’37, con il brutto tempo e con gli scarponi ai piedi… beh, non dev’essere stato proprio un gioco da ragazzi!! Unire tutte le zone arrampicabili evitando al massimo le placche improteggibili, unire tutti i tasselli per completare il puzzle… è stata una grande impresa, da risolutore!














Sbagliando... si scala!



Sbagliando si impara…
Nel nostro caso, sbagliando ad attaccare un via, si impara a non avere fretta, ad osservare meglio la linea di salita dal basso, a non dare per scontato quello che le precise guide di arrampicata ci propinano.
Così, dopo aver evitato di seguire altri due climber che avevano nettamente toppato l’attacco, saliamo quella che, nella penombra mattutina, sembrerebbe essere l’unica via di accesso alla cengia iniziale.


Un chiodo ed una sosta ci danno anche ragione della nostra scelta… che si rivelerà sbagliata all’inizio del terzo tiro. Placche compatte dove dovrebbero esserci diedri fessurati… Mumble mumble…
Attraversando qua e la, riesco a trovare una sosta a spit, che mi fa definitivamente capire che siamo sulla via sbagliata. Inutili i tentativi di superare quei soli 50-60m di traverso che ci separano dalla via giusta… placche difficili ed improteggibili ci sbarrano la strada.


Impossibile anche proseguire diritti sulla via a spit… da un primo esame capiamo che i gradi sono molto “alcolici” e le protezioni stile Wendeniane…
“Acciderbolina” (per non dire altro…), dobbiamo tornare indietro! Siamo stati fregati!
Noi che (quasi) davamo per scontato la salita già in saccoccia…
Tre doppie ci riportano alla base con le pive nel sacco.
Siamo demotivati. Due ore buttate… salita saltata!
Ci fermiamo un bel po’ a studiare l’attacco corretto, per un futuro ritorno, ma facciamo veramente fatica a capire dove sia. Poi ci sembra di averlo capito... forse.
Dai… dobbiamo darci da fare! Non possiamo buttare via una giornata meteorologicamente perfetta come questa!
Allora tolgo il jolly dal cappello e… sbagliando si scala!





L’umore non è più quello iniziale, facciamo fatica ad adattarci alla nuova scelta e lo capiamo; ma non possiamo fare altro. La salita alla fine risulta un ottimo ripiego, più impegnativa ma anche meno bella di quello che sembrava, lungo placche a volte compattissime e all’apparenza inscalabili, con alcuni tiri esposti su roccia veramente stupenda.






Il sole ci cuoce per bene mentre in doppia rimiriamo il nostro obiettivo iniziale, riportandoci all’auto con qualche kilo di sudore in meno e la consapevolezza che… sbagliando si impara! Sempre e comunque.