Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Bivacco sul Cervino


Il Cervino – Matterhorn per gli svizzeri – è, insieme all’Alpamayo e al K2, una delle montagne più belle del mondo per eleganza e linearità delle creste. Chi , salendo a Cervinia, non rimane attratto dalla mole di questa montagna protesa come un ago verso il cielo?
Fin da piccolo sono sempre stato attirato da questa possente montagna finchè è arrivato il giorno che da tanto aspettavo. Parlando con amici al Cai ho scoperto che avevamo in comune lo stesso desiderio; e allora perché non salirla insieme? Decidiamo di programmare la scalata mercoledi 12 e giovedì 13 settembre 1990.
Siamo in tre: Antonio, Dario ed io. Il mercoledì mattina raggiungiamo Cervinia dove, con un fuoristrada, ci facciamo accompagnare al rif. Oriondè; qui inizia il sentiero che, inerpicandosi su morene e creste di roccia, conduce al rif. Carrel a 3835m di quota. Verso le 14 siamo al Colle del Leone dove inizia la cresta vera e propria; arrampichiamo slegati – le difficoltà lo permettono – e in breve raggiungiamo la cheminee, il primo vero passaggio impegnativo. E’ un bellissimo diedro aperto, il cui fondo è attrezzato con grosse corde fisse di canapa.



Proprio nel diedro incontriamo un ragazzo, solo, che si unisce a noi; così possiamo fare due cordate da due componenti e procedere più spediti.
Alla capanna giungiamo verso le 16; ci sistemiamo, facciamo asciugare gli indumenti bagnati e ammiriamo il panorama. E’ stupendo! Subito dopo cena andiamo a letto. La notte non è delle migliori; fuori soffia un vento impetuoso che scuote di continuo la capanna, dentro qualcuno sta male e non lascia dormire nemmeno gli altri.
Verso le 7 ancora al buio usciamo dalla capanna e iniziamo la salita. Il salto roccioso che ci attende subito fuori del rifugio è affollato di gente e ancora ghiacciato; viene chiamato giustamente “la sveglia” e dopo averlo superato concordiamo pienamente con il nome.
Saliamo divisi in due cordate, come stabilito la sera; io con il giovane incontrato il giorno prima, Antonio con Dario.
La salita si fa subito interessante, l’arrampicata non è mai eccessivamente difficile e i tratti obbligatori sono attrezzati con corde di canapa. Bisogna però fare molta attenzione al percorso, spesso da ricercare, e alla roccia che è di pessima qualità.
Superiamo tranquillamente il primo torrione, poi il “Rocher des Ecritures” – così chiamato perché reca ancora oggi i segni di coloro che per primi esplorarono questa montagna – “il Linceul”, ciò che resta del piccolo nevaio, e ci dirigiamo verso il Pic Tyndall. La cresta ben affilata conduce, con un andamento pressoché uniforme, fino all’enjambè, l’intaglio sotto la testa del Cervino. Lunga circa 500m, non presenta difficoltà, anche se l’esposizione sui due versanti – italiano e svizzero - è notevole. Ci portiamo sotto la testa del Cervino, dove alcuni passi di arrampicata alternati a pezzi con corde fisse, ci conducono alla famosa “scala Jordan”. E’ una scala di corda con gradini di legno che, attaccata alla roccia con alcuni chiodi, permette di superare in piena esposizione uno strapiombo senza grandi difficoltà. Ora la stanchezza comincia a farsi sentire ma, rincuorati dalla croce di vetta che ci sovrasta, continuiamo a salire abbastanza rapidamente. Ci rendiamo conto però che abbiamo staccato Antonio e Dario. Superati gli ultimi muri sotto la vetta, raggiungiamo la cresta che ci porta alla croce. Siamo felici e ci stringiamo la mano congratulandoci a vicenda. Sono le 14 e il tempo è bellissimo.



Ci concediamo una pausa mentre aspettiamo Antonio e Dario e mangiamo qualcosa. Il tempo passa veloce ma i nostri amici non si vedono. Convinti che ormai abbiano abbandonato l’idea di salire in vetta, iniziamo la discesa. Poche decine di metri sotto la vetta, però, li vedo sbucare dall’ultima corda fissa. Mentre il mio compagno mi aspetta, risalgo volentieri quegli ultimi metri di cresta per ritornare sulla vetta insieme ad Antonio e Dario.
Scattate poche foto insieme, scendiamo; sono quasi le 16 ma, illusi, siamo convinti di arrivare in tarda serata a Cervinia. Durante la discesa però qualcosa non va; Dario, il cui sogno era arrivare in vetta al Cervino, si eclissa. Oltre ad accusare i primi sintomi di stanchezza, si ferma in continuazione: è sfinito! Sembra che la sua vita sia finita su quella cima tanto desiderata.
Cerchiamo di spronarlo ma inutilmente. Per farlo scendere dobbiamo ricorrere alle corde doppie. Il sole che tramonta ci coglie ancora sulla piatta cresta del Pic Tyndall; ci rendiamo conto che un rientro in serata ormai è impossibile ma nessuno ne parla nel timore che la situazione degeneri. Pensiamo al bivacco che dovremo affrontare senza cibo e vestiti adeguati… Tutti lo pensano ma nessuno lo dice.
Sprono Antonio e Dario a fare in fretta ma le smorfie di Dario mi fanno capire che è tutto inutile. A mezzanotte stiamo ancora facendo corde doppie; fa freddo e il vento cresce d’intensità. La mia frontale, una delle due in nostro possesso, si è ormai consumata e trovare la discesa è sempre più difficile. Poco dopo in una doppia Dario, che arriva in sosta, inavvertitamente mi schiaccia la faccio con uno scarpone; provo dolore, sanguino dalle gengive ma resisto, so che devo scendere a tutti i costi. Un’ultima corda doppia, quando ormai è l’una di notte, ci porta sul Linceul, al riparo dal vento. Gli altri si fermano, io li incito a muoversi, a scendere; non voglio bivaccare così in alto, fa troppo freddo per fermarsi.
Ma è inutile…
Dividiamo quel poco che ci resta da mangiare e ci prepariamo al bivacco.
Io non voglio fermarmi; al buio vado alla ricerca delle fisse, sono convinto di poterle trovare ma non è così.
Alla fine, sconsolato, risalgo dagli altri e indosso quel poco di indumenti che ho ancora nello zaino; poi prendo due borracce vuote e mi faccio calare per quaranta metri fino al nevaio per riempirle di neve. Una borraccia mi scivola e nel buio scompare lungo la parete. Risalgo solo con una. Grazie ad alcune pastiglie carburante riusciamo a trasformare la neve in acqua, tanto per bagnarci le labbra. La notte è lunga e la trascorriamo scaldandoci a vicenda; gli arti sono duri e freddi. Il pensiero corre ai nostri parenti che ci aspettavano per sera a casa e che non possiamo avvisare. Vreso le 5 si affaccia la luna che ci consente di vedere dove siamo; il freddo però aumenta fino a diventare insopportabile. Decidiamo di scendere subito; i primi movimenti sono goffi, abbiamo le braccia e le gambe molto fredde; io accuso anche dei dolori ai piedi a causa delle calze umide. La discesa è ancora lunga ma il morale si è risollevato sapendo che ora stiamo ancora bene. Io sono davanti e incito gli altri a scendere veloci; mi arrabbio per la nostra lentezza, poi leggo la stanchezza sul viso dei miei compagni e mi rassegno.
Stanchi, raggiungiamo il rif. Carrel solamente alle 11; cerchiamo dell’acqua per dissetarci ma inutilmente. La sete mi tormenta; prendo un mestolo e un pentolone, mi calo dietro al rifugio con una corda doppia e poco dopo risalgo con la neve. Finalmente the a volontà per tutti.
Poi continuiamo la nostra discesa; il tratto di cresta fino al colle del Leone lo scendiamo ancora lentamente; i piedi sono doloranti, le gambe sono stanche, non se ne può più.
Più velocemente raggiungiamo il rif. Oriondè dove, grazie ad una radio, comunichiamo con una Guida alpina di Cervinia che gentilmente contatta le nostre famiglie. Siamo molto stanchi; ci concediamo un minestrone e via di nuovo a piedi fino alla macchina dove, finalmente, possiamo togliere gli scarponi e gli indumenti che indossiamo da tre giorni.

Epilogo: io me la caverò con un congelamento di primo grado all’alluce sx; Antonio farà avanti e indietro da casa mia per una settimana a portarmi dolci e cioccolatini e a ringraziare i miei: “Senza di te non saremo mai tornati” dice.
Dario farà una settimana senza uscire dal letto; non andrà mai più in montagna.


Nessun commento:

Posta un commento