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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Anima Fragile


Aprile 2007
Un altro nome che non poteva essere meglio azzeccato!
In tutte le mie puntate ad Arco il Pilastro Magro al Brento è sempre stato uno dei miei sogni. Poco identificabile dai non addetti ai lavori, il pilastro – che da lontano sembra un tutt’uno con l’enorme parete del Brento – ha una sua ben definita linearità. Pochissimo frequentato, presenta quattro vie, tutte molto impegnative, di cui due forse mai ripetute, su roccia generalmente discreta e a volte molto marcia.
La più recente risale al 2006 ed è opera dell’instancabile Diego Filippi.
Tra le quattro è la più corta e, sembra, la meglio protetta a chiodi e spits.
Così un sabato di metà primavera con l’amico Luca decido di andare a farci un giro.
Da sotto, nonostante io abbia già salito altri itinerari, la parete incute sempre timore.
Si inizia con un tiro di rocce ed erbe molto friabile, dove l’esperienza la fa da padrone. Poi è il mio turno lungo una placca verticale con uscita in sosta impegnativa.


A mano a mano che saliamo ci troviamo immersi in un mondo magico, selvaggio e solitario; i tiri si susseguono regolari, a volte compattissimi a volte molto molto marci, dove speriamo di non cadere per non estrarre le protezioni piazzate…
A metà via, dopo un bel traverso esposto, arrivo in sosta soddisfatto: “non male sto’ tiro!” mi dico.
Dopo 10 minuti, sullo stesso tiro, Luca riporta la mia gioia alla realtà, sparandosi un pendolo di 10m a causa di un appiglio saltato! E che appiglio… un bel mezzo metro cubo di roccia!
Io però mi sto divertendo e due tiri dopo raggiungo l’apice su un tiro strapiombante ed esposto misto libera/artificiale con uscita marcissima. Sarò matto ma sta’ via mi sta intrigando sempre più…
Neanche un tiro su una lama terrosa marrone, salito da secondo, ed un muro di mattonelle parlanti mi abbattono moralmente; sono gasatissimo. Il tiro d’uscita fa esprimere a Luca tutto il suo disappunto; un prato verticale e fangoso dove, per fortuna, fa bella presenza una corda fissa sulla quale ci si deve issare…

Dopo cinque ore siamo fuori, ad un terzo dell’immenso spigolo Betti; qui l’isolamento e la selvaggità del luogo sono garantiti. Peccato non uscire in vetta (purtroppo non lo abbiamo progettato, ma non sarebbe stato male!), sarebbe stata la ciliegina sulla torta! Una serie di doppie da ricercare ci porterà alla base dell’immenso pilastro dove alle ultime luci del sole ci godiamo lo spettacolo.
Saremo strani ma… a noi sta via è piaciuta parecchio! Sarà che non guardiamo solo la roccia ma tutto il contesto che ci circonda, tutto quello che ci fa vivere intense emozioni…

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