Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Pelle



Non essendo un professionista che deve “portare a casa la pagnotta”, ho sempre ritenuto (e lo riterrò sempre) che arrampicare deve essere un piacere, non un dovere.
Quando mi appresto ad affrontare una salita devo avere “voglia di scalare” perché questo mi dovrà portare appagamento, anche se qualcosa girerà storto. Mi donerà felicità e mi farà sognare… Devo anche esserci un po’ fisicamente, per potermi godere appieno ogni singolo movimento e non “rattonare” su ogni singolo tiro.
A volte, però, la voglia di scalare e l’allenamento fisico si scontrano con la fisiologia umana, se così si può definire “la quasi impossibilità a tenere in mano qualsiasi tacca più piccola di una maniglia a causa della mancanza di più strati della pelle delle dita e, in alcuni punti, della fuoriuscita di sangue”.
Causa comune a molti arrampicatori, che procura un enorme fastidio, accentuato di più se la roccia è ruvida e tagliente.
Figuratevi su una scogliera marina…


Roccia da urlo, in tutti i sensi!
Nel senso che l’arrampicatore con pelle fresca urla di gioia….
L’arrampicatore senza pelle urla di dolore!!
Ebbene… oggi la nostra voglia era tanta, l’allenamento buono (forse un po’ troppo acido lattico) ma la pelle… quella proprio non c’era più…
Confesso che arrampicare così non è stato proprio un gran piacere…





















Ma noi no !



Dopo cinque giorni di puro divertimento doveva pure arrivare la mazzata.
Era li… in agguato… dietro l’angolo…
E appena girato l’angolo… patapum!!
Che botta…
Nessuna botta fisica - per fortuna - ma una bella lezione morale e  soprattutto psichica.
Morale perché ti rendi conto che, se fino a ieri ti ritenevi capace di scalare su certi gradi, oggi ti ricredi…
Psichica perché raggiungere ogni protezione fissa è un viaggio… (da qui la coniazione del termine “rin-viaggio”)
A discolpa di tutto possiamo dire che dopo cinque giorni “full immersion” la stanchezza fisica si fa sentire ma… ritengo che, se non la mazzata, la mazzatina l’avrei presa comunque!
Andiamo per ordine.
Iniziamo subito con sbagliare l’attacco. Sbagliare l’attacco ci può stare… ma sbagliare montagna…Va beh, dai, capita anche ai migliori!
E all’attacco sono le 12.30.
Il primo tiro ci “infarina” per bene: dopo 3-4 spit relativamente vicini, si parte alla ricerca della protezione perduta. Poi il runout finale che, in caso di sbaglio, prevede una bella planata di almeno 15metri…
Ma noi ne usciamo… Roby è già scettico sul proseguire ma io lo esorto.


Il secondo tiro mi “frigge” alla grande; duro è duro, almeno mezzo grado in più di quanto scritto sulla relazione; lungo è lungo, le protezioni chilometriche (a volte fin troppo…). La roccia, in compenso, è fantastica, quanto di meglio si possa trovare.
La testa c’è ma non da l’imput agli arti di tenere le gocce, di spallare o fare ristabilimenti oltre un tot di metri dall'ultima protezione…
Insomma, dai…, “ho sei in grado di scalare o stai a casa !” mi dico.
“E se non sei in grado di passare in libera, almeno utilizza i barba trucchi che l’esperienza ti ha donato”.
Non mi vuole far passare…
Ma io no! Ne esco…, con qualche barba trucco…
Cominciamo a capire che questa via è fatta di un’altra pasta.



Riparte l’amico sulla “Engelsquergang” (traversata degli angeli), un bellissimo viaggio diagonale alla ricerca della linea più facile di salita.


E la troviamo un’altra volta, in mezzo ad un mare di placche sospese, mentre la luce del sole filtra di traverso dandoci quasi fastidio. Che bello, che ambiente!
Ormai stiamo capendo il gioco, anche se le antenne sono sempre altissime.
Ora mi tocca un tiro “facile”, che tutto è tranne che facile, ma… si sale.
La ciliegina la mettiamo sul tiro seguente: un muro lungo, con un paio di passi cattivi, continuo, di roccia spettacolare, dove però è proibito volare pena possibili salti di oltre 10 metri da quasi tutte le protezioni… Il volo più lungo, tra l’altro, lo si rischia su una clessidrina con kevlar…
E vai… che bello !!!
Ogni movimento deve essere preventivato pena… jump! saltino!
Ma noi no!
Oggi no!

Ormai ci siamo, ancora qualche tiretto più bonario dove si scatena la corsa contro il tempo per calcolare i “secondi” che ci mancano per fare l’ultima doppia prima che diventi buio!
E anche qui ci riusciamo, veramente quasi al secondo…
Alle 18.30 recupero l’ultima doppia, alle 18.38 non vediamo già più nulla.
La discesa nel bosco buio ora diventa rilassante…

Selvaggio... verde