Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Una via d'altri tempi


Alba

Settembre 2010
Corso di roccia avanzato; prima uscita, destinazione Rif. Omio - Val Masino. E’ da un po’ di tempo che non veniamo qui ad arrampicare con i corsi. Sabato scaliamo su placca in Valmasino; il primo pomeriggio saliamo al rifugio. La sera, dopo una lauta cena, facciamo baldoria nel sottotetto, una specie di topaia riadattata a camerone… Anche gli acari scappano… I nostri rifugisti, ogni tanto, dovrebbero fare un salto in Svizzera e vedere “come” si tengono i rifugi!
La mattina di buon ora saliamo in due cordate, due istruttori e quattro allievi, verso la parete sud della Sfinge. Obiettivo della giornata la via Amosso – Elli, una via ormai semisconosciuta, aperta nei lontani anni ’50. La linea non è molto evidente… evidentissima!

Sfinge - via Amosso-Elli - 1° tiro

Segue per sei-sette tiri di corda una enorme fessura-camino, con bella arrampicata a volte interna a volte esterna sul buon granito del Masino. Continua lungo un tratto di erba per poi raggiungere la cima lungo altri bei diedri.
Una via molto valida, non all’altezza della classica Morbegnesi ma comunque non male.
I pochi chiodi trovati, tranne le soste ora spittate, ci restano in mano.


Sfinge - via Amosso-Elli - 5° tiro
E’ troppo bello uscire dai percorsi classici, quelli che salgono tutti… così facendo si respira ancora l’aria delle vie d’altri tempi!

Brunnital


Luglio 2010
Domani la meteo è brutta su tutto il nord Italia; destinazione Svizzera, almeno siamo riparati dalla perturbazione.
Alle 19.00 siamo in autostrada; l’intenzione è di arrivare al posteggio verso le 22.00 e dormire in macchina per iniziare presto il mattino. Alle 23.00 siamo ancora al Gottardo, dopo oltre due ore passate in coda… Iniziamo bene!
La mattina il tempo è come promesso; ha nevicato un po’ sopra i 2500m ma la nostra meta quotidiana resta appena sotto. Di colpo ci troviamo catapultati in una realtà molto diversa dalla nostra quotidianità; stupendi pascoli verdi punteggiati qua è la da piccole casere e baite alpine (non seconde case…) in primo piano, immense e scuri pareti innevate sullo sfondo. Che posto idilliaco! L’ideale per una settimana di relax.
In poco più di un’ora siamo all’attacco.

Al sole si sta bene ma oggi, a nord, lo vedremo ben poco; la temperatura è fin troppo fresca per luglio.
Pian piano iniziamo a salire la nostra linea, logica ed evidente, che lungo fessure e camini verticali conduce diritta alla cima. In un tiro sento il mio compagno faticare; la corda sale millimetricamente e questo… non è bello, indice di difficoltà. Tecnica o di protezione ?
In questo caso entrambe… un enorme camino verticale pieno di muschio e lichene da salire. Fortuna che sono da secondo…
Il tiro dopo la musica non cambia; la relazione dice “placca di IV/V”; alla faccia! Il camino di VI+ in confronto era facile… Con determinazione supero il tiro e solo quando vedo che anche il mio compagno fatica e fa un piccolo voletto, capisco che forse quel grado è un tantino sbagliato…
I tiri si susseguono stupendi; le fessure si verticalizzano ma la roccia lisciata iniziale ha lasciato posto ad un bellissimo calcare lavorato.


L’ultimo tiro di IV/V (vero) lo facciamo sulla neve…
Al ritorno, in mezzo ai prati e sotto uno stupendo sole di tardo pomeriggio, ammiriamo da lontano la salita. Bella giornata, bella salita… ma ancor più bella la ricomposizione della nostra cordata, dopo circa 15 mesi di fermo del mio compagno per un’operazione alla spalla.
E’ ora di rimettersi… in coppia.

Vergognatevi !



Luglio 2010
Una stupenda mattinata di luglio ci vede risalire con passo tranquillo i ripidi pendii che conducono sotto la parete sud della Presolana Centrale. Il meteo annuncia forti temporali per il pomeriggio, quindi puntiamo ad una facile via sportiva.
La temperatura è fresca, la nebbia oggi non si forma e ci  consente di arrampicare godendo il sole.
Alle 13.00 siamo già di ritorno sotto un cielo plumbeo che minaccia uragano!
Riusciamo in tempo ad arrivare al passo quando inizia a piovere; entriamo in un bar ristorante e prendiamo qualcosa da bere. Uscendo non possiamo non notare quattro ragazzi intenti a divorare polenta, brasato, salsicce alla piastra e patate; Roby li guarda e, con stupore di tutti, esclama: “Vergognatevi!”.
In una frazione di secondo penso: "Adesso si alzano e ci prendono a pugni"
Questi al momento stanno zitti, sembrano risentiti ma Roby, prontamente, interviene con un:
“Stavo scherzando! Anzi... buon appetito"
La rissa anche oggi è stata evitata!

Incompetenza e ... fortuna !

Luglio 2010.
Oggi esame nazionale. Gli allievi sono tesi, come sempre. Ieri sera, a tavola, noi esaminatori abbiamo smorzato un poco la tensione grazie anche a qualche birretta. Sveglia alle 02.30. Dopo colazione si parte. Fa caldo, la neve non tiene. In circa un’ora raggiungiamo il canale d’attacco che saliamo, alle luci delle frontali, su terra verticale. Alle ore 05.00 circa siamo sulla cengia alla base del diedro di IV grado, nella parte inferiore della cresta; siamo in tre cordate per un totale di 7 persone, nel cuore della nord. Con disappunto notiamo che il diedro risulta essere stato riattrezzato, sostituendo i vecchi chiodi con qualche fittone; il primo, a circa 2m da terra, lo utilizziamo, unitamente ad altra protezione, per creare un punto di sosta. Stranamente sentiamo un odore acre di resina.
Valerio risale il diedro senza controllare e trazionare le protezioni e arriva in sosta; Gianni segue e, per liberare velocemente la sosta, tira il fittone con un rinvio. Appena caricato lungo il suo asse di estrazione, il fittone esce e Gianni mi cade in testa. Iniziamo bene.
Nella caduta, il tensionamento della corda estrae anche un altro fittone rinviato presente nel diedro !
Rimaniamo di stucco! Avvisiamo Valerio in sosta di non rinviare/sollecitare eventuali fittoni presenti; Valerio ricostruisce la sosta con l’utilizzo di friends. Fissiamo la corda di Gianni e la usiamo per risalire il diedro; raggiunta la sosta, notiamo che la stessa è composta da un fittone e da uno spit fix, il tutto unito da catena in ferro; nel fittone c’è un grosso moschettone di calata. Controlliamo il fittone di sosta e notiamo che anche questo si può estrarre con le mani. Uno sguardo, molto nervoso per quello che avrebbe potuto succedere ed, in coro, escalmiamo: “Ma chi è stò imbecille che ha fatto questo lavoro di mer…! La fortuna ci ha assistito anche stavolta.
Per evitare eventuali incidenti futuri, estraiamo completamente il fittone lasciandolo appeso alla catena e al fix.
Sul tiro di corda successivo incontriamo un altro fittone che estraiamo anch’esso con le mani e lasciamo sul posto.
Dopo questa “sveglia” mattutina, continuiamo la nostra salita su una cresta di rocce rotte che porta ad un ghiacciaio sospeso; lo risaliamo verso sinistra e per facile terreno misto raggiungiamo il colle a circa 3500m.



Continuiamo lungo una bella parete, un tempo ghiacciata, di facile misto su rocce completamente sfasciate; la giornata è stupenda, l’ambiente idilliaco!

Su terreno sempre più esposto raggiungiamo la Suldengrat che, con bellissimi passaggi esposti sulla nord, ci porta in vetta.



Una forte stretta di mano e qualche pacca sulle spalle sono la nostra gratitudine dimostrata ai “particolari” soci. La discesa si svolge lungo la normale, sprofondando nella neve fino alle anche, per poi continuare fino al passo delle Bottiglia dove, in doppia, raggiungiamo il ghiacciaio basale.

Qui la fortuna ci assiste un’altra volta. Appena raggiungo il ghiacciaio, un boato squarcia l’aria. Dopo poche secondi, una valanga di proporzioni immani si scarica lungo i canali che solcano la parete nord est della montagna e, per circa 40 minuti, deposita a poche decine di metri da noi, tonnellate di neve e sassi ! Se fosse scesa qualche minuto dopo non avremmo potuto raccontarla…


L’elicottero del soccorso fa un giro di controllo. Al rifugio notiamo che la valanga è partita dall’alto ed ha spazzato l’intera parete est, dove corre la via normale.


Meno male che dietro di noi non c’era nessuno; un incidente analogo, qualche anno addietro, ha tolto la vita a sette persone…


P.S.: Abbiamo portato a valle i fittoni estratti e da un attento esame abbiamo notato quanto evidenziato:
-         i fittoni trovati non erano conformi ed idonei all’attrezzatura di pareti di roccia in quanto materiale ferroso zincato utilizzato esclusivamente in campo edile (fittoni per arrampicata generalmente in acciao inox), con corpo cilindrico diam. circa 12 mm completamente liscio (non presenti scanalature per fare in modo che la resina potesse cementare il fittone), di lunghezza ridotta a circa 8 cm a seguito tranciatura di filettatura effettuata precedentemente all’infissione.
-         da un’ulteriore esame, abbiamo notato che la resina presente sui fittoni e nei buchi della roccia non era seccata; tale comportamento potrebbe essere dovuto ad una mancanza di reagente nella mescola della resina inserita.

In totale abbiamo rinvenuto 4 o 5 fittoni tutti non conformi e mal resinati.

La bicicletta


Giugno 2010
E’ un po’ di tempo che volevo andare a fare un giro al Carbonari; qualche amico me ne aveva parlato molto bene, altri meno per la qualità della roccia.
La decisione definitiva viene dopo la serata di diapositive del Ben dal Butch; che bel posto isolato a pochi passi da casa…
Mi accordo con Ettore, sempre ben disposto a vedere posti nuovi; è giovane ma ha già al suo attivo un bel pò di vie alpinistiche con la A maiuscola. Molto forte, sia fisicamente che tecnicamente, sprizza energia e determinazione da tutti i pori; mi ricorda qualcuno da giovane…
Alle 4 del mattino è da me, dopo essersi sparato 12 km in bicicletta con la frontale !
La solita lunga camminata e siamo sotto la parete; l’attacco lo troviamo subito, è abbastanza evidente, anche se dal basso non si capisce bene come uscire dai tetti iniziali.

Moss-Ruggero - 2° tiro
Due tiri semplici ci portano a “scovare” la soluzione.

Moss-Ruggero - 3° tiro

La via continua lungo un bellissimo ed impegnativo diedro fessura, poi per placche, strapiombini e ancora diedri fino alla cengia mediana; a parte qualche tiro iniziale, la roccia è ottima, altro che friabile! In via pochi chiodi, gli essenziali; le soste ci sono quasi tutte, anche se da integrare.

Moss-Ruggero - 4° tiro

Moss-Ruggero - 4° tiro

Moss-Ruggero - 5° tiro

Moss-Ruggero - 7° tiro

Moss-Ruggero - 7° tiro

Moss-Ruggero - 8° tiro

In cengia optiamo per l’uscita Gatti, meno ingaggiosa ma più arrampicabile e logica; da voci recenti, sembra che in alto una parte della via originale sia franata e nel tiro d’artificiale manchino dei chiodi. Veloci, lungo due tiri di roccia sempre ottima, raggiungiamo il canale d’uscita della Gatti.


Moss-Ruggero - 9° tiro

Moss-Ruggero - 9° tiro

Moss-Ruggero - 11° tiro
Proseguiamo per due tiri semplici su roccia rotta, infine un umido camino verticale ci porta alla fine delle difficoltà. Ci sleghiamo e continuiamo nel facile canale fino in vetta dove ci aspetta uno scambio di mani e di sorrisi. Bella salita, ne è proprio valsa la pena, soprattutto per l’ottima compagnia.
Ah, dimenticavo… il ritorno Ettore se l’è rifatto in bici, non c’è stato proprio verso di accompagnarlo! Si allena, il giovane !!

Moss-Ruggero - 14° tiro

Nessun altro nome poteva essere più azzeccato



Partenza alle 5, direzione Arco; alle 7 siamo già in cammino. Siamo in quattro – Luca, Marco, Gianca e io – e per tutti è una delle prime uscite della stagione.
“Qualcosa di corto” dice qualcuno in macchina.
Io espongo la mia proposta, via della Speranza al Brento; proposta accettata, alla faccia della via corta, 900m per 18 lunghezze di corda!
Il tempo materiale per arrampicare è sempre meno e quindi… le uscite devono essere rigorosamente di qualità.
La meteo promette bel tempo fino 14.00; “speriamo” che tenga.
All’arrivo del sole siamo già sui primi tiri; l’arrampicata è di movimento, lungo enormi placconate, a volte compatte a volte molto rotte.
I primi tiri ci mettono in “bolla”; la roccia qui non è delle migliori e risulta molto difficile posizionare altre protezioni oltre alle poche presenti. Per fortuna il grado non è mai elevato.
Qualche sasso cade dall’alto e con inquietanti fischi ci passa vicino: “speriamo” di non essere beccati…
Lunghi viaggi da 60m precisi si susseguono fino quando raggiungiamo una bellissima placca compatta verticale, il tiro chiave della via, che si supera tirando qualche protezione.


Seguono alcuni tiri su bellissime placche grigie dove l’aderenza impera. Tiro dopo tiro cominciamo a vedere la fine della parete; le antenne sono sempre alte ma su un tiro di quarto grado, completamente marcio e improteggibile, mi si alzano ancor di più ! “Speriamo” che non si stacchi qualcosa sotto le mani.
A due tiri dalla fine si fa viva la “speranza” di uscire dalla parete; enormi strapiombi gialli e marroni di roccia marcissima bloccano qualsiasi (sicura) possibilità di salita.


Una “cengia della speranza” permette di attraversare a destra per 50m verso quello che sembra l’unico diedro possibile per uscire dalla parete. Un ultimo strapiombo boulderoso, con 900m sotto le chiappe, ci porta sui prati sommitali. Neanche il tempo di sistemare il materiale e … inizia a piovere ! “Che culo diciamo tra noi, non poteva andare meglio. “Speriamo” che tenga ancora un po’ cosi non ci laviamo. In poco meno di un’ora siamo di nuovo alla macchina. Ora non ci resta altro che “sperare” di trovare un posto per fare merenda; vista l’ora e le energie spese è necessario.
Vagando nei boschi di San Giovanni troviamo un posticino che fa per noi; da fuori ha l’aria di un agriturismo. Varcata la soglia, le nostre “speranze” di saziare la fame con un panino si vanificano.
Altro che panino… saziamo la fame con ravioli alla zucca e tagliatelle ai porcini !
Alle 16.00 siamo a Riva del Garda e diluvia….
Non potevamo “sperare” in meglio.

Indigestione



Panorama da cartolina...
Settembre 2010
Seconda uscita del corso AR2, destinazione paradiso Svizzero !
Dopo i soliti inconvenienti dovuti alla disorganizzazione degli allievi, all’alba delle 10.00 giungiamo, dopo cinque ore di auto (!), al posteggio in fondo alla valle di Goschenen.
Destinazione… Bergseehutte.
Riprendo in mano la situazione e riconduco le “pecorelle smarrite” sulla retta via portandole, in meno di un’ora al rifugio. Dopo un veloce spuntino, ci dirigiamo verso la parete est del Bergseeschijen dove trascorreremo il pomeriggio arrampicando su vie di 5-6 tiri per 200m di dislivello.



Alle 18.00 siamo di nuovo al rifugio a goderci l’ultimo sole prima della cena.


Ore 18.30 cena; i gestori ci hanno riservato un’intera sala per noi: che carini !
Poi inizia la cena…
Premesso che in Svizzera non si mangia come in Italia, premesso che si paga di più, tutto ciò premesso…
Un piatto di passato di verdura, una micro porzione (circa 30grammi a testa) di pasta in bianco come secondo condita con cipolle a fette e… un maffin… di tre (dico 3) centimetri di diametro !!!
All’arrivo dei maffin, rigorosamente consegnati uno ad uno dal gestore, ci scappa una risata generale. Umberto, in modo spiritoso, chiede se può prenderne un altro ma gli viene assolutamente negato !
Alla faccia della lauta cena… Uno scalatore che si ferma qui tre giorni fa la fame e al terzo giorno non ha più la forza per arrampicare !!
Per fortuna siamo in gruppo e, ridendo, smorziamo un poco la situazione.
Situazione che, dieci minuti dopo, diventa drammatica quando il gestore ci fa pagare 5 franchi in più a testa dell’importo previsto per la mezza pensione sostenendo che, nel pomeriggio, il cambio del franco svizzero era variato tantissimo…!!!
Inutili le nostre rimostranze, anche in tedesco !!
Di sicuro ha perso 15 potenziali futuri clienti italiani…
La bellezza del luogo però ci permette di dimenticare in fretta l’accaduto e, dopo una notte tranquilla, la mattina alle otto siamo già alla base delle enormi placconate della parete sud del Bergseeschijen per salire diversi itinerari fra i quali la bella Tonis Lust, che ci riserverà lunghezze entusiasmanti su ottimo e ruvido granito accompagnato da un panorama fantastico sull’enorme ghiacciaio del Dammastock.










La sentinella


Immersa nel mare di granito delle alpi Urane, circondata da montagne blasonate come il Salbitschijen, il Bergseeschijen, lo Schijenstok, il Dammastock e il Galenstock, se ne sta in disparte una sentinella di granito poco frequentata: il Feldschijen.
Non perché la roccia non sia bella o perché si debba camminare troppo; la roccia è stupenda e la parete si raggiunge in poco meno di due ore.
L’ambiente, poi, è da sogno con viste mozzafiato sul ghiacciaio del Dammastock.
Forse non c’è un motivo valido, sta di fatto che qui non si farà mai la coda per scalare.
Chi vuole misurarsi con le sue slanciate torri, non può rimanere non sorpreso nel vedere le stupende linee verticali del versante ovest.
E la sua salita più famosa, la cresta ovest, non ha assolutamente nulla da invidiare alla “sorella” cresta sud del Salbit, rispetto alla quale risulta nel complesso più impegnativa.


Noi la saliamo in una bellissima ma fredda giornata autunnale, dove il ricordo del freddo patito alle mani nei primi tiri all’ombra si fa ancora vivo…


Poi sole e granito sospeso nel vuoto, ancora sole e roccia da urlo…
Bello!

Scarpe da ginnastica e ramponi



Il Salbitschen dalla Salbithutte

Settembre 2009
Dopo le vacanze estive con la famiglia, ritorna la voglia di scalare…
Con Gianca ci accordiamo per andare in Svizzera, Salbitschen. Io ritorno volentieri, per lui è la prima volta. La scelta cade sulla via dei Remy, Clock and Stock, una via dall’apparenza semplice ma completamente da proteggere.
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo il bellissimo rifugio Salbit, gestito con passione dalla famiglia della forte guida alpina svizzera Hans Berger; vedere le fotografie appese alle pareti delle sue invernali incute grande reverenza nei suoi confronti, che svanisce quando si parla del “suo” Salbit.
La cena al Salbit è sempre un momento particolare; il cuoco Kami esce con il pentolone e dispensa cibo a tutti. Alla fine ognuno può fare il bis (e anche il tris..) Stasera: primo, risotto con i funghi, due piatti; secondo, wurstel con patate; dolce. Quasi meglio che a casa!
La sveglia è alle 5; il cielo blu terso preannuncia una giornata super. Quando il sole bacia la parete siamo già all’attacco; ci separano solamente 15-20 metri di nevaio ghiacciato. Conoscendo la zona e avendo visto l’abbassamento delle temperature della settimana, oggi mi sono premurato di portare un paio di ramponi; la scelta non poteva essere più azzeccata.
Raggiungo l’attacco e lancio i ramponi a Gianca; in un batter d’occhio siamo sulla roccia.
Una cordata ci segue; senza ramponi e piccozza impiega più di mezz’ora per raggiungere le rocce…
La salita inizia con il tiro chiave; una bella fessura verticale ben protetta; poi continua lungo un bellissimo diedro e rocce rotte fino alla prima cengia.

Clock and Stock - 2° tiro


Clock and Stock - 3° tiro
Qui la relazione indica di salire un grande diedro; c’è un poco di nebbia mattutina e non si distingue bene. Attraverso in diagonale verso destra e tutto ad un tratto la nebbia svanisce, lasciandomi a bocca aperta; sopra la mia testa si apre un enorme diedro perfetto e liscio, che sale per circa 200 m.

Clock and Stock - alla base del diedro

Che diedro ! Solo al Monte Bianco ho visto diedri così belli, grandi e compatti…
Lo superiamo con quattro stupendi tiri di corda.
  
Clock and Stock - nel diedro
Clock and Stock - 7° tiro
Clock and Stock - il diedro stupendo, 8° tiro

Clock and Stock - 8° tiro

Clock and Stock - uscita dal diedro

Altri due tiri più semplici conducono sotto la cuspide sommitale dove saliamo altri diedri perfetti su roccia fantastica.

Clock and Stock - 11° tiro
Clock and Stock - 12° tiro

Clock and Stock - 13° tiro
Dopo cinque ore siamo in vetta. Una sorpresa inaspettata ci coglie: la discesa, a nord, è completamente innevata e ghiacciata! Noi siamo in scarpe da ginnastica… Per la seconda volta inneggio per essermi portato un paio di ramponi nello zaino; con un rampone a testa e qualche peripezia superiamo le rocce e raggiungiamo la base del canalone baciata dal sole. Poco dopo festeggiamo la salita con una bella birra sulla terrazza del rifugio. Alle 22 siamo di nuovo a casa.

P.S.: non oso immaginare la discesa della cordata che ci seguiva… avranno fatto tardi, moolto tardi…