Cinquant’anni fa come in questi giorni (17 – 22 febbraio 1965) un uomo,
da solo e in inverno, apriva una via nuova sulla parete nord del Cervino
chiudendo così, a 35 anni di vita, la sua grande carriera alpinistica.
Un solo uomo, in quegli anni, poteva pensare ad una cosa simile…
Quest’uomo si chiamava Walter Bonatti.
Negli anni qualcuno l’ha definito un “muratore” più che un
alpinista per l’utilizzo smodato, su alcune sue vie, di molti chiodi.
Altri l’hanno criticato, giudicato, insultato per le tragedie che hanno
accompagnato alcune delle sue salite.
Salite dove, senza di lui, probabilmente si sarebbero consumate altre
tragedie.
Per me era, è stato e sarà sempre un grande uomo, un mito al quale
ispirarsi!
Il suo curriculum alpinistico parla da solo.
Le linee da lui dipinte sulle montagne hanno anticipato i tempi, dal Dru
al Capucin, dal Pilier d’Angle alle Petit Jorasses,
La sua determinazione e la sua resistenza erano probabilmente infinite.
Tutte le sue realizzazioni sono belle ed impegnative.
Tutte le sue realizzazioni sono belle ed impegnative.
Le pagine del suo primo libro “Le mie montagne” mi hanno fatto sognare
per anni interi e tutt’ora continuano a farlo!
Ma Walter non era solo montagna… era anche avventura, nel senso più vero
della parola!
Yukon, Sumatra, Isole Marchesi, sono solo alcune delle “gite fuori porta”
che Bonatti affrontò negli anni '70, quasi sempre da solo e senza mezzi di comunicazione al
seguito, armato solo della sua reflex.
Al suo funerale, a Lecco, quel giorno ho pianto…
Ed anche il Dru in que giorni, a modo suo, l’ha fatto scaricando a valle migliaia di
metri cubi di rocce.
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