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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Aig. de Roc - Pilastro Cordier


Envers des Aiguilles

Luglio 1994
Sveglia!
Sono le cinque e mezza. Non ho dormito niente in questa specie di frigor, umido da far paura che è il seminterato del rif. Envers!
Salgo a fare colazione ancora con gli occhi semi chiusi. Ci guardiamo tutti negli occhi e tutti rimaniamo silenziosi; oggi è il nostro giorno, è il giorno dell’esame, non dobbiamo e non possiamo sbagliare! Ad un certo punto qualcuno dice: “Ehi ragazzi, ma dov’è Richy (Milani, ndr.)?!?!”
“Vuoi vedere che è rimasto a letto?!” “ No, ancora… come al rif. Allievi quando nel ’92 abbiamo fatto l’esame regionale insieme!!”
Poi una voce, proveniente dal buio della sala, sentenzia in dialetto lecchese: “Tot a post ?!”
E’ Richy che solo adesso ci accorgiamo essere sotto il tavolo con una coperta addesso!!
Che tipo, troppo forte!!
Ci voleva questa botta d’allegria prima della tempesta…


Tour Verte
Alle 6,00 circa mettiamo i piedi fuori dal rifugio e, con i nostri esaminatori, ci dirigiamo verso la nostra meta; io sono con Billy, lombardo anche lui, con cui sto dividendo gioie ed emozioni di questo corso. La nostra meta è la salita dell’Aig. de Roc per il Pilastro Cordier.
Dal rifugio il giorno prima abbiamo sbirciato con il binocolo, ma della linea di salita abbiamo capito ben poco. Con noi l’esaminatore Carlo Barbolini. Dietro di noi un’altra cordata capeggiata da Alfredo, guida alpina veneta che vuole diventare INA.
Con Billy decidiamo subito il da farsi; io salirò la prima metà della via, lui la seconda parte.
Dopo qualche tiro facile, anche se con un po’ di neve, la via raggiunge lo spigolo dove iniziano le difficoltà vere e proprie.
Qui iniziano delle bellissime fessure verticali, tutte da proteggere, che, dopo qualche tiro, ci portano sotto i tiri chiave.
Il tiro che segue è un’unica fessura verticale/strapiombante larga some un pugno che solca una parete liscia quotata sesto grado e senza l’ombra di chiodi; “come faccio a salire di li ?!” penso…
“va beh, se ho bisogno tirerò qualche friend”.
Detto, fatto… e dopo una bella lotta arrivo in sosta e recupero Billy e Carlo che mi fanno i complimenti.
Il tiro che segue è peggio del precedente; ora è impossibile sia andare dritto che a sinistra a causa dei tetti: l’unica speranza è una placca a destra improteggibile. Prendo coraggio e mi butto nel nuovo “viaggio”. Ad un certo punto non riesco quasi più ad andare avanti e mi accorgo di essere lontano talmente tanto dall’ultimo friend di sosta (!) che mi assale il panico; “devo stare tranquillo” mi ripeto, “si passa per forza di qui”; così, dopo alcuni passi precari superati grazie all’adrenalina, riesco finalmente a trovare il primo e uno dei pochi chiodi di via, sul quale tiro un bel sospiro di sollievo. Ancora un tiro e poi passo il comando a Billy, il quale ha anche lui la sua gatta da pelare… Il suo primo tiro, infatti, è una lunga traversata diagonale a destra che gira uno spigolo e raggiunge i diedri terminali. Gradato sesto superiore, anche questo tiro si rivela molto impegnativo ma, ormai, il treno è in movimento e non lo si ferma più!
Su, sempre più in alto in una giornata splendida e con un bellissimo sole.
A pochi tiri dalla vetta Carlo sentenzia la decisione di scendere; la via è fatta e, se non vogliamo perdere l’ultimo treno da Montenvers, ci conviene calarci. Armato di chiodi e martello scendo per primo con il compito di trovare e attrezzare la linea di discesa; cinque o sei doppie da attrezzare, completamente nel vuoto, ci portano a ricongiungerci con il Diedro dei Moschettieri dove troviamo le soste già attrezzate per le calate. Da qui giù veloci fino alla base e al rifugio, dove, una volta sistemato tutto alla meglio negli zaini, ci incamminiamo veloci verso Montenvers.

Aig. de Roc
Mancano venti minuti all'ultimo treno e noi non abbiamo ancora attaccato le scale metalliche che portano alla stazione! Con le ali ai piedi, superando in salita su un’unica scala la gente che scende, raggiungiamo il capolinea e ci accorgiamo che potevamo anche non correre… Manca ancora un’ora alla chiusura!! Ma chi si ricordava l’orario ?!…
Così, con più calma, saliamo sul primo treno e, a pomeriggio inoltrato raggiungiamo Chamonix e l’ENSA che ci ospita. Una bella doccia, quattro chiacchiere per contenere la gioia della salita che crediamo sia stata positiva e via a cena.
“Ma Billy…, che fine ha fatto la cordata di Alfredo che ci seguiva ?!” Boh, di sicuro se non sono ancora arrivati al Montenvers perderanno il treno”
La sera passa allegra e il sonno si fa sentire presto. La mattina scendiamo a fare colazione e, nella hall, incontriamo Alfredo e i suoi compagni ancora vestiti come ieri.
“Ma siete arrivati adesso ?!” chiedo.
“Si, ieri sera abbiamo perso l’ultimo treno e abbiamo dormito su…” Ma voi… come avete fatto a passare su quel tiro diagonale in placca che era improteggibile ?! Noi abbiamo fatto una fatica bestia e non siamo riusciti a passare, così ci siamo dovuti calare”
Io e Billy ci guardiamo e, stupiti, rispondiamo: “Beh… era difficile, ma si passava”
Poco dopo, seduti al tavolo a fare colazione, con fare ironico Billy mi dice: “Ma quello lì fa la guida alpina, non passa da un tiro di sesto superiore e viene a chiedere a noi come si fa a passare?!
Una risata, alla faccia del poveretto, e per un minuto ci sentiamo dei super uomini….. Che cattiveria… la montagna, in futuro, darà anche a noi qualche lezione di vita !!!

NDR: in mattinata arriva Carlo e ci consegna un pò di chiodi e molti cordini. "Tenete, ve li ho ricomprati, in cambio di quelli che avete abbandonato ieri per le doppie".
Un pensiero gentile da una persona vera! 

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