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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Caduta...



Epilogo: distorsione di secondo grado alla caviglia destra, distorsione di terzo grado alla caviglia sinistra… un mese di sedia a rotelle ! Poteva andare peggio….

Luglio 1997, ore 16.00: sbarchiamo sulla terrazza dei Grands Montets carichi come muli; direzione rognon du Dru. Progetto per l’indomani: Diretta Americana al Dru.
La neve è marcia; saliamo un poco e iniziamo una traversata in direzione del canale che ci porterà sul ghiacciaio; dopo circa mezz’ora ci imbattiamo in un pendio di ghiaccio nero da attraversare.
Siamo legati e Fausto è davanti; verrò a conoscenza dopo che ha problemi ai legamenti del ginocchio. Per questo motivo non picchia bene un rampone.
Ad un certo punto parte per la tangente… Pianto la piccozza sul ghiaccio nero e giro intorno la corda ma lo strappo è troppo forte, la piccozza esce e anch’io lo seguo in una scivolata di circa 50 metri che ci deposita sul pianoro sottostante. Fausto si alza e ride: “E’ andata bene”. Io mi alzo… urlo… e cado!
Un dolore atroce mi blocca entrambe le gambe all’altezza delle caviglie; “sarà una botta” penso, “stasera passerà”. Tolgo subito uno scarpone e infilo il piede nella neve: la caviglia è blu notte…
Fausto mi esorta a salire pian piano ma mi risulta impossibile continuare.

A malincuore decidiamo di ritornare alla funivia. Saranno i duecento metri di dislivello in salita più dolorosi che abbia mai provato; con due caviglie in questo stato, uno zaino di 15kg sulle spalle e la neve marcia, sostenendomi con le racchette sfondo a ripetizione e ogni volta sono dolori lancinanti. Fausto non può fare granchè; il cellulare non esiste, la funivia è chiusa, in giro non c’è anima viva… l’unica soluzione è salire.
Dopo un paio di ore raggiungiamo la funivia. Mi vesto con tutto quello che ho e mi sdraio nel sacco da bivacco. Ricordo solo che per fare pipì ho dovuto girarmi su un lato.
La mattina salgo sulla prima funivia e scendo ad Argentiere; Fausto: “visto che siamo vicini all’Italia, io non andrei in ospedale a Chamonix, ma a Courmayeur”. A Courmayeur “visto che siamo vicini ad Aosta ci fermiamo là”. Ad Aosta “va beh, andiamo a Ponte S. Pietro, almeno sei vicino a casa”. Tengo duro ma la scelta sarà azzeccata.
Ricordo ancora le parole dell’ortopedico che, dopo avermi fatto le lastre, mi disse: “bene, sig. Cisana, lei non arrampicherà mai più…”. Un tonfo al cuore.
Fausto, che mi stava aspettando fuori, pensando che fosse solo una piccola botta, rimane esterrefatto e preoccupato quando mi vede uscire ingessato in carrozzella! Non sa più come scusarsi. Di cosa… ormai è fatta.




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