Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Ice on the rock

Dicembre 1993
Ore 4.30. La sveglia, insensibile a tutto, mi comunica che è ora di alzarsi.
Alle cinque passa a prendermi Norberto: destinazione Albigna !
Albigna, si… quel posto dove si arrampica... d’estate!
Ora, però, è pieno inverno e noi abbiamo scoperto qui un Eldorado per i ghiacciatori.
Sabato scorso per la prima volta siamo andati a cacciarci il naso e abbiamo trovato un vero paradiso; con Norberto, Barbara e Giò abbiamo salito la cascata di destra.
Un tiro impegnativo ha però costretto Barbara, che saliva da seconda, a dare forfait e così, semiassiderata dai -15, sotto le grida di Norberto, per poter essere issata modello saccone ha abbandonato tutte le viti da ghiaccio infisse!! Meno male che eravamo all’ultimo tiro!! La discesa a piedi nella neve fino alla vita ci aveva portato a valle non prima delle sette di sera…
Oggi andremo a recuperarle !
Stavolta siamo io e Norberto, Robi e Giò.
Sulla neve battuta dalla settimana prima raggiungiamo più agevolmente il muro di ghiaccio e, con l’aiuto del binocolo notiamo con sorpresa che i chiodi del sabato prima riposano sotto uno spessore di circa 15 cm di ghiaccio trasparente!!!
Impossibile recuperarli se non distruggendo completamente l’ultimo tiro della cascata.
Optiamo, pertanto, per una linea in centro alla parete che dal basso ci lascia a bocca aperta; saranno 250 metri quasi completamente verticali.
Norberto, il più ottimista del gruppo, si lascia scappare la fatidica frase: “Anchö a me la föma!” (oggi ce la fumiamo…la cascata).
Attacca Norberto: tiro di 50 metri a 80° - 85° su ghiaccio duro ma ottimo. Parto io e mi trovo subito ad affrontare un muro verticale completamente a cavolfiori. Mi sembra di essere un elefante in un magazzino di porcellana perché, qualsiasi cosa tocco con le piccozze, si rompe e precipita a valle fragorosamente. Dopo un lungo sforzo raggiungo una sosta in una grotta attrezzata con chiodi da roccia. Recupero Norberto che conferma la difficoltà del tiro. Ora tocca a lui affrontare una candela verticale che esce a destra dal tetto; che impressione! Vuoto a manetta! Quando è il mio turno mi chiedo come abbia fatto a salire su una struttura precaria del genere. Siamo sotto una parete di roccia leggermente strapiombante ma il problema è che il ghiaccio è completamente finito! Non me la sento di partire per affrontare un tiro del genere e lascio il tiro a Norberto che ha più esperienza di me. Con una traversata a destra su ghiaccio e roccia raggiunge l’unica fessurina strapiombate che solca il muro roccioso soprastante; qui rimango di stucco quando, preso il tiro come una sfida, Norberto estrae il martello dall’imbragatura e comincia a martellare le becche delle piccozze nella fessura!!
Una dopo l’altra, con una progressione di artificiale, pianta le piccozze nella fessura e ci si appende: mai visto una cosa simile, un grande!! Con l’adrenalina a mille riesce a uscire dal tiro e fare sosta su ghiaccio. Contento e impaurito per quello che mi aspetta, comincio il traverso e mi porto sotto la fessura dove con la stessa tecnica, ma più primordiale e assicurato dall’alto, raggiungo l’uscita in uno stato di grazia tale da farmi sentire quasi ubriaco! Nella concentrazione ci siamo dimenticati di Robi e Giò che, trenta metri sotto, reclamano il lancio di una corda fissa per poter agevolare lora la salita. Non dimenticherò mai la faccia di Giò che, uscito dal tiro, era completamente allucinato.
Allucinazione che peggiorò quando, navigando ancora fino alla pancia e completamente al buio, raggiungemmo la macchina alla nove di sera quasi stremati! Bellissima salita, altrettanto bella esperienza conclusa con una pizza a Chiavenna!
Ah… per onor di cronaca, Giò restò a letto una settimana con febbre a 40!!

Nessun commento:

Posta un commento