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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Patagonia, terra di grandi emozioni

Il gruppo del Fitz Roy
Gennaio 1995
Patagonia, un sogno che finalmente si sta avverando… Dopo alcune incertezze sui partecipanti, tutto è pronto. Siamo in quattro: Silvestro, Fausto, Mimmo e io, ben affiatati e preparati. Gli ultimi preparativi e domenica 1 gennaio la partenza dall’aeroporto di Linate.


Il bagaglio è notevole; oltre 200 kg. Abbiamo tutto il necessario per arrampicare, e forse anche oltre, e per vivere autonomi per venti giorni. Cibo e fornelli li acquisteremo sul posto.
Nel tardo pomeriggio siamo a Madrid dove ne approfittiamo per fare una breve visita di alcune ore alla città e per cenare.
Alcuni problemi dovuti a ritardi aerei ci fanno arrivare con oltre cinque ore di ritardo a Buenos Aires, dove subito ci imbarchiamo per Rio Gallegos, cittadina della Patagonia che permette l’accesso più breve alle montagne della Cordigliera. Più ci avviciniamo alla nostra meta più capiamo che qui, effettivamente, il tempo è diverso; nubi di proporzioni immense e il vento di una velocità incredibile ci accompagnano durante tutto il percorso per arrivare a El Calafate, oltre 300km su strade sterrate che copriamo stipati per terra su un pulmann scassato.


Tramonto verso El Calafate

El Calafate è una piccola cittadina sulle sponde del Lago Argentino, frequentata da turisti ed alpinisti di tutto il mondo; noi la visitiamo parzialmente la mattina successiva al nostro arrivo durante l’acquisto dei generi alimentari.

El Calafate

El Calafate
A mezzogiorno, insieme a quattro ragazzi della Val Gardena* e due ragazzi di Biella** partiamo con due jeep per El Chalten, l’ultimo paese prima delle montagne. Anche loro puntano come noi allo stesso obiettivo, il Fitz Roy. Il tempo è brutto e quando arriviamo in serata a El Chalten piove e tira un forte vento. Ne approfittiamo per acquistare le ultime cose ed affittare i cavalli che serviranno a trasportare il materiale al campo base.

El Chalten

El Chalten

El Chalten
Abbandoniamo l’idea iniziale di tentare anche il Cerro Torre e ci dirigiamo verso il Fitz Roy; c’è moltissima neve e la montagna non è più stata scalata da tre mesi.
Il giorno seguente (4 gennaio) il tempo è migliorato; carichiamo il materiale più pesante sui cavalli e ci avviamo a piedi con il resto verso il campo base. Il paesaggio è stupendo, boschi e lagune si susseguono in un ambiente di surreale bellezza.



Purtroppo dopo qualche ora inizia a piovere e quando arriviamo al campo base “Rio Blanco” siamo fradici; in attesa dei cavalli diamo un’occhiata al posto e prepariamo le piazzole per le tende. Il campo base è situato in un bosco fisso, con alberi distrutti dal vento e dall’acqua.


Oltre alle tende degli alpinisti ci sono tre capanne di legno, costruite alla buona, utilizzate per pranzare e stare insieme davanti al fuoco quando fuori il tempo non lo permette.
5 gennaio: siamo fortunati. Dopo un giorno che siamo al campo base, il tempo, che da quindici giorni era brutto, si è sistemato e ci concede un poco di sole. Decidiamo di portare tutto il materiale necessario alla scalata il più in alto possibile. Partiamo in mattinata con zaini pesanti, 20-30 kg l’uno, e dopo un’ora di cammino raggiungiamo la laguna de Los Tres, splendido specchio d’acqua di un intenso colore blu che separa la morena dal ghiacciaio. Qui si apre davanti a noi una visione fantastica, il Fitz Roy, la nostra meta; inizialmente coperto dalle nuvole, ma che a poco a poco si concede alla nostra vista lasciandoci estasiati ed anche un po’ perplessi per la sua enorme mole.



Essendo in forze decidiamo di salire al Paso Superior, un colle nevoso che permette l’accesso al ghiacciaio sottostante le cime rocciose.



Aggiriamo la laguna a sinistra su rocce impegnative ed esposte e raggiungiamo il ghiacciaio; c’è moltissima neve e, sprofondando a volte fino alla vita, attraverso un ripido pendio nevoso, raggiungiamo un crestone roccioso dove facili passaggi di misto ci portano al Paso.


Qui scaviamo una buca nella neve dura; sarà il nostro rifugio per riposarci e ripararci dalle bufere in attesa del momento giusto per sferrare l’attacco finale. Fuori niente resisterebbe ai fortissimi venti che spazzano il colle.


Nel tardo pomeriggio ritorniamo stanchi al campo base. Il giorno successivo il tempo è brutto; piove e soffia vento molto forte. Passiamo così tutta la giornata al base.
Dopo 24 ore sembra nuovamente rimettersi al bello; si fa per dire… perché qui, anche quando è bello, spira un vento terribile!
Saliamo nuovamente al Paso Superior, decisi questa volta a fermarci qualche giorno per tentare l’attacco alla vetta.

Siamo intenzionati a salire il Fitz Roy per la via franco-argentina, una via di roccia e misto con difficoltà di 6° grado e artificiale, diretta e relativamente breve (circa 600m), la più frequentata della parete. Come noi, altri alpinisti di diverse nazionalità puntano allo stesso obiettivo; purtroppo da più di venti giorni nessuno è più riuscito a salire la montagna.
Il pomeriggio del 7 gennaio lo passiamo ad allargare la truna dove trascorreremo la notte; per non bagnarci, decidiamo di montare la tenda dentro la truna ma riusciamo a malapena a montare una tenda da due persone dove, qualche ora più tardi, ci troveremo a dormire in quattro!



Il giorno seguente riusciamo ad attrezzare parzialmente la fascia di rocce e ghiaccio alta trecento metri che conduce alla Brecha des los Italianos, poco soto l’attacco della nostra via.



Posizioniamo una corda fissa di 150m di lunghezza e, a sera, rientriamo al Paso Superior. Da notare che qui in Patagonia in estate viene buio molto tardi, così a volte capita che alle nove di sera si sia ancora in giro.

9 gennaio: è il giorno del primo tentativo. Ci svegliamo a mezzanotte e, dopo un veloce te caldo, partiamo all’una. In un’ora e mezza raggiungiamo l’attacco della parete attrezzata il giorno prima; risaliamo velocemente con la jumar la corda fissa, superando tratti di ghiaccio e roccia verticali. Con altri due/tre tiri di corda su terreno misto raggiungiamo alle 5.30 la Brecha des Los Italianos. La giornata è fantastica; il cielo è blu e non c’è un filo di vento. I primi raggi di sole illuminano il Fitz Roy e il Cerro Torre che, rossi infuocati, si stagliano davanti a noi; ci si inumidiscono gli occhi…



Con qualche tiro in conserva su terreno misto raggiungiamo alle 06.00 l’attacco della via franco-argentina; davanti a noi tre cordate.

Il tempo che fino ad ora era rimasto bello improvvisamente cambia; in men che non si dica si alza un violentissimo vento che non ci permette di stare in piedi! Una delle cordate che ci precede attacca ugualmente la parete ma impiega più di due ore per fare due tiri di corda, sbattuta dal vento e a causa del ghiaccio che copre le placche ed intasa le fessure…



Noi con queste condizioni desistiamo e, a malincuore, torniamo al Paso Superior.



Una scelta che comunque si rivela azzeccata; dopo di noi, una dopo l’altra anche le altre cordate scendono ritenendo impossibile progredire con questo vento. Una cordata di cechi bivacca alla brecha ma ritorna provata il giorno seguente.

Lasciamo tutto il materiale in truna e in tarda serata raggiungiamo il campo base, stanchi e cotti dal sole.



Il giorno 10 gennaio scendiamo a El Chalten per fare compere alimentari e per concederci un riposo; una bella bistecca ed una birra ci riporteranno al campo base sazi e più motivati.

Mercoledì 11 gennaio decidiamo di fare un’ulteriore tentativo che però fallisce già al Paso Superior; una bufera ci terrà chiusi in truna per quasi tre giorni e, rimasti senza cibo, ci costringerà ad abbandonare il materiale e scendere nuovamente al campo base.



All’arrivo siamo fradici e distrutti dagli elementi; ci chiudiamo nella capanna e mangiamo ininterrottamente per un giorno intero ! Pasta, riso, pizza… ebbene si, siamo riusciti anche a fare la pizza!

I giorni successivi li dedichiamo al riposo e alla vista del paesaggio che ci circonda; l’ambiente è idilliaco. Ci convinciamo sempre più che qui in Patagonia, oltre ad avere una gran fortuna, bisogna puntare sulla velocità; salite veloci in giornata dal basso.
Decidiamo così, appena il tempo si sistema, di tentare in giornata la salita all’Aig. Guillaumet per la via francese del 1968; essendo vicina ma poco più bassa del Fitz Roy, resta un poco più riparata dalle bufere.

Il 16 gennaio è il nostro giorno; siamo motivatissimi.
In sole due ore superiamo i 1300m di dislivello che ci separano dal Paso Superior. Da qui, dove aver recuperato dalla truna il materiale per la scalata e sprofondando nella neve fresca sino alla vita, giungiamo all’attacco della via che intendiamo salire. Il tempo è brutto ma non spira vento.



Con cinque lunghezze di corda in un canale di neve e ghiaccio, con tratti quasi verticali, raggiungiamo un piccolo intaglio sulla cresta dal quale, con altre due lunghezze di corda su roccia fino al 5°, sbuchiamo sulla cresta terminale di facile misto che ci porta in vetta!









Sono le 14.30; abbiamo impiegato circa 9 ore dal campo base con un dislivello di circa 2000m. Sprizziamo di gioia; fotografie, abbracci e poi discesa, veloci, verso il Paso e il campo base.



Qui festeggiamo la nostra prima vetta insieme agli amici altoatesini che, per l’occasione, scendono al Chalten e ci portano oltre trenta lattine di birra!! Avremo modo di ricambiarli quando, dopo qualche giorno, Karl e Speedy torneranno vittoriosi dal Fitz Roy.

Da sin: Fausto, Silvestro, Silke, Mimmo, Speedy, Karl.
Dopo qualche giorno di riposo, per me il viaggio è finito…; a malincuore devo abbandonare gli amici per tornare, solo, in Italia dove il lavoro mi aspetta.
Loro saliranno, mentalmente insieme a me, anche l’Aig. Poincenot per la via Whillans, sempre in giornata dal campo base, coprendo un dislivello di oltre 2000m con difficoltà di 50°-60° su ghiaccio e 4°-5° su roccia.






Non siamo riusciti a salire il Fitz Roy ma adesso possiamo tornare a casa, dopo soli 16 giorni di permanenza al campo base, con qualcosa che qui vale veramente molto…
La Patagonia è unica nel suo genere, bisogna provare per credere… E’ stata un’esperienza che difficilmente potremo dimenticare!

Da sin: Fausto, Kurt Albert, Mimmo, Silvestro, Michele a Rio Blanco


* (Karl Unterkirker, Gerard “Speedy” Moroder, Hubert Moroder e Silke Peratoner)
** (Enrico Rosso e Giancarlo Ruffino)




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