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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

"Andet sò te o stò che me ?"


Grandes Jorasses dal Rif. Leschaux
Piazzale di Courmayeur, ore 09,00 di una giornata di inizio agosto 2003
Tre amici: Deme, Gianca ed io.
“I rinvii li hai tu ?
“No… Dovevi portarli tu !”
“C…o!!! Siamo senza rinvii !!”
Deme impreca…
“andiamo a comprarli” esclama; poi, dopo un primo impeto: “andiamo da Matteo in Val Veny, un mio amico guida alpina… ce li presterà di sicuro”.
Detto e fatto; mezz’ora dopo siamo seduti al bar del campeggio a parlare con Matteo e a chiedergli info sulla salita.
“Tranquilli, si sale bene, è ben chiodata e non servono più di sei rinvii”
“Sei rinvii ?”
Io e Deme ci guardiamo, Gianca resta silenzioso.
“Ma sei fuori ?” è la nostra prima risposta!
Inizia così un tira e molla che ci porterà ad avere non più di otto rinvii ! Per fortuna, almeno non abbiamo dimenticato i friends; non oso immaginare quanti ce ne avrebbe dati!
Alle 12.00 circa siamo sul trenino per Montenvers; alle 15.00 circa al rif. Leschaux sotto un sole cocente.
Il pomeriggio lo passiamo a riposare; solo verso le 18.00 veniamo scossi dal rumore del rotore di un elicottero che sta salendo lungo lo sperone per recuperare un ferito; caduta sassi.
Alle 19.00 cena sulla terrazza del rifugio con un tramonto da favola. La sveglia è all’una di notte. Dopo una veloce colazione partiamo in tre cordate verso lo sperone; veloci raggiungiamo il ghiacciaio ma ne buio più totale commettiamo l’errore di salire direttamente verso il Linceaul anziché puntare più a destra; gireremo per circa un’ora nei crepacci. Alla fine scenderemo di circa 200m sul ghiacciaio per recuperare la via corretta. Alle sei di mattina attacco lo sperone; la prima parte tocca a me, o meglio…. l‘accordo è che fino a quando ce la farò tirerò io. Dopo qualche tiro verticale raggiungiamo terreno più facile dove un tempo c’era neve; ora e tutto rotto e bisogna stare attenti a quel che si tocca. Qualche tiro verso sinistra ci porta dove la parete si raddrizza; qui commettiamo il primo errore. Seguendo una cordata di guide svizzere verso sinistra, sbagliamo via e ci portiamo verso la Desmaison-Goussealt. Una doppia e un traverso ci riportano sulla retta via. Il primo grande scoglio è il diedro Rebuffat; il diedro è fortunatamente molto chiodato e, seppur impegnativo, ci porta velocemente alla prima traversata. Urlo ai compagni che sono arrivato in sosta e mentre mi preparo a recuperarli, dal basso Deme mi urla: “Tegn e tira!”. Mi scappa un sorriso… bello questo entusiasmo, su una parete così schiacciante è quello che serve per smorzare un poco la tensione. Velocemente attraverso su terreno misto a sinistra e raggiungo il diedro di 75m; qui l’ambiente si fa più severo. Un enorme diedro a sbalzo sul canale d’attacco della MacIntyre. Sempre con la battuta pronta scherziamo mentre giochiamo a nascondino con i sassi che, ininterrottamente, cadono dall’alto. Superato il diedro, qualche tiro verticale ci porta verso la prima incognita; il pendolo. Dopo circa 25 tiri cedo la “motrice” a Deme. Il treno va che è un piacere.


Sperone Walker - Dopo il pendolo
Un tiro faticoso e raggiungiamo le famose Placche Grigie. Qui toppiamo; tutti gli amici passati prima di noi ci avevano detto di aver sbagliato e, nonostante le avvertenze, sbagliamo pure noi. Bisogna stare a sinistra ma a sinistra…. non si passa! Come avrà fatto Cassin a salire di qua? Sta di fatto che il tiro originale è dato sesto superiore, quindi non banale. Noi saliamo direttamente le placche sopra la sosta con un tiro che si avvicina più al settimo grado superiore!
Lasciamo un chiodo.
Raggiunta la via originale, continuiamo lungo tiri più facili fino a raggiungere la cresta sopra la Torre Grigia. Sono le otto di sera, posti da bivacco nulla; buttiamo una doppia e scendiamo al secondo bivacco Cassin, dove passeremo una nottata sotto il bombardamento dei sassi che cadono incessanti nel canale tra la punta Walker e la punta Whimper.
Deme dorme subito senza neanche mangiare; io e Gianca mettiamo qualcosa sotto i denti. La sete è forte; nel buio della notte allungo le mani, recupero un po’ di neve su una cengia e la faccio sciogliere sul fornelletto; quando accendo la frontale per vedere se bolle, è più la sabbia che c’è sul fondo che l’acqua…
Metto un po’ si sali, spengo la frontale e… bevo; meglio di niente!
Il mattino alle sei siamo già in movimento. Ci alziamo sentendo le imprecazioni di Deme che sta gettando a valle due pagnotte pugliesi e altro cibo. “Ma quanto roba da mangiare hai portato? Chiedo. “Ecco perché pesava così tanto il tuo zaino ieri…” Per non abbassare il morale, Deme mi guarda, ride ed esclama: “Andet so te o stò che me?”. Ancora annebbiato dalla notte insonne, non faccio a tempo a rispondere che continua: “Devi dire l’è stess”. Grossa risata per iniziare la giornata. Parte Deme che sale il difficile tiro della sera prima per poi continuare facilmente sul filo di cresta fino al nevaio triangolare. Lo lasciamo a sinistra e con altri due tiri impegnativi superiamo il Camino Rosso grazie anche all’aiuto di una corda che a tratti esce dalla roccia ghiacciata. Ora Deme cede il passo; lasciamo gli ultimi dieci tiri a Gianca. Perfetto… la nostra tattica ha funzionato. Deme ne approfitta e ad ogni sosta trova il tempo per addormentarsi… Come faccia, lo sa solo lui; grande persona! Una serie di diedri/camini ci portano sulla cresta finale più facile. L’ultimo tiro passo nuovamente in testa io, avendo già gli scarponi ai piedi; con una filata di misto esco dalla parete e sosto in cresta; l’emozione e forte e non riesco a trattenere le lacrime. Mi raggiungono anche Deme e Gianca ed insieme ci abbracciamo e ci commuoviamo.
E’ fatta!! Dopo una mezz’ora passata a sistemarci e a godere il panorama iniziamo la discesa lungo lo sperone Whimper; saranno altre 6 ore di discesa impegnativa senza mai mollare l’attenzione.
Alle 22.00 varchiamo la porta del rif. Boccalatte; il rifugista, senza neanche chiedercelo, ci prepara un piatto di pastasciutta. Solo verso la fine del piatto ci accorgiamo che siamo ancora imbracati con tutto il materiale addosso…
Ci trova anche tre posti da dormire; la mattina ci svegliamo che sono le nove.
E qui arriva il bello… Deme che, per risparmiare peso, ha usato gli scafi di plastica sopra le scarpette, ha i piedi distrutti; dopo mezzora di discesa con le Laser ai piedi, esclama: “meglio a piedi nudi”. Toglie le scarpette e scende … a piedi nudi! Dal Boccalatte!!
La scena finale…. In tre seminudi dentro una fontana di Planpinceaux.
Un’esperienza indimenticabile, condivisa con due grandi amici.


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