Benvenuti nel mio Blog!
Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

Nessun altro nome poteva essere più azzeccato



Partenza alle 5, direzione Arco; alle 7 siamo già in cammino. Siamo in quattro – Luca, Marco, Gianca e io – e per tutti è una delle prime uscite della stagione.
“Qualcosa di corto” dice qualcuno in macchina.
Io espongo la mia proposta, via della Speranza al Brento; proposta accettata, alla faccia della via corta, 900m per 18 lunghezze di corda!
Il tempo materiale per arrampicare è sempre meno e quindi… le uscite devono essere rigorosamente di qualità.
La meteo promette bel tempo fino 14.00; “speriamo” che tenga.
All’arrivo del sole siamo già sui primi tiri; l’arrampicata è di movimento, lungo enormi placconate, a volte compatte a volte molto rotte.
I primi tiri ci mettono in “bolla”; la roccia qui non è delle migliori e risulta molto difficile posizionare altre protezioni oltre alle poche presenti. Per fortuna il grado non è mai elevato.
Qualche sasso cade dall’alto e con inquietanti fischi ci passa vicino: “speriamo” di non essere beccati…
Lunghi viaggi da 60m precisi si susseguono fino quando raggiungiamo una bellissima placca compatta verticale, il tiro chiave della via, che si supera tirando qualche protezione.


Seguono alcuni tiri su bellissime placche grigie dove l’aderenza impera. Tiro dopo tiro cominciamo a vedere la fine della parete; le antenne sono sempre alte ma su un tiro di quarto grado, completamente marcio e improteggibile, mi si alzano ancor di più ! “Speriamo” che non si stacchi qualcosa sotto le mani.
A due tiri dalla fine si fa viva la “speranza” di uscire dalla parete; enormi strapiombi gialli e marroni di roccia marcissima bloccano qualsiasi (sicura) possibilità di salita.


Una “cengia della speranza” permette di attraversare a destra per 50m verso quello che sembra l’unico diedro possibile per uscire dalla parete. Un ultimo strapiombo boulderoso, con 900m sotto le chiappe, ci porta sui prati sommitali. Neanche il tempo di sistemare il materiale e … inizia a piovere ! “Che culo diciamo tra noi, non poteva andare meglio. “Speriamo” che tenga ancora un po’ cosi non ci laviamo. In poco meno di un’ora siamo di nuovo alla macchina. Ora non ci resta altro che “sperare” di trovare un posto per fare merenda; vista l’ora e le energie spese è necessario.
Vagando nei boschi di San Giovanni troviamo un posticino che fa per noi; da fuori ha l’aria di un agriturismo. Varcata la soglia, le nostre “speranze” di saziare la fame con un panino si vanificano.
Altro che panino… saziamo la fame con ravioli alla zucca e tagliatelle ai porcini !
Alle 16.00 siamo a Riva del Garda e diluvia….
Non potevamo “sperare” in meglio.

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