Una discussione animata con Antonia…Un pretesto per decidere di andare in montagna solo.
Parto presto, forse alle 4.00.
Alle 7.00 lascio la macchina a Chiareggio e mi incammino verso il Rif. Porro; l’idea di salire la nord del Disgrazia svanisce alla vista del ghiacciaio, crepacciatissimo, e del colore della parete che si intravede in lontananza dalle ultime case del paese.
D'altronde non potevo aspettarmi altro… siamo a novembre e non ha ancora nevicato!
Decido per la nord del Cassandra, da me già salita più volte.
In mezzo al ghiacciaio sono completamente solo, senza ne corda ne materiale; mi fanno compagnia le mie due piccozze e i mie ramponi.
Volevo vivere una giornata intensa ed ora… eccomi qui!
La giornata è stupenda; supero la breve terminale senza problemi ed inizio a salire il pendio regolare, mai troppo ripido. A tre quarti della parete, una cinquantina di metri di ghiaccio vivo mi svegliano dal torpore in cui sono assorto e mi fanno ricordare che non devo commettere errori; è vero che il pendio è facile ma basta poco e il ricordo di quando 4 mesi prima mi sono “azzoppato”si fa sempre vivo.
Oggi è anche la prova del nove, la prova per vedere se le caviglie si sono riprese.
I dolorini presenti non sono confortanti ma mi sforzo di non ascoltarli…
Poco dopo le 10.00 sono in vetta, solo. Intorno tutte le montagne illuminate da una intensa luce.
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Autoscatto di vetta |
Mi fermo dieci minuti a contemplare la tranquillità del luogo e, dopo aver mangiato qualcosa, inizio la discesa lungo la normale. Mi pervade un dubbio atroce: “e se la crepaccia terminale che difende il pendio che sale al Passo Cassandra fosse insuperabile ? Cosa potrei fare?” Poco dopo raggiungo il Passo e qui il dubbio si trasforma in realtà.
Un baratro largo tre metri e lungo un centinaio taglia l’intero pendio; non c’è modo di passare… Il labbro superiore è alto più di tre metri…
“Cazzo… Che stupido che sono stato! Dovevo pensarci che poteva capitare! E invece no, ho dato per scontato la discesa. Ti sta bene.. Ma adesso… cosa faccio?”
Giro avanti e indietro sul baratro ma non trovo nessuna possibilità per scendere.
Allora prendo l’unica decisione possibile… salto!
In pochi secondi realizzo che fortunatamente la neve è molle, che sotto non ci sono altri buchi e che questa è l’unica soluzione; scarto a priori la possibilità di farmi ancora male, non può e non deve succedermi!
Prendo un minimo di rincorsa e… salto!
Due secondi dopo mi trovo dall’altra parte del crepaccio, tre metri sotto e immerso nella neve fino quasi alla cintola; è andata! Sono integro. Fortuna vuole che ci fosse la neve, se ci fosse stato il ghiaccio non so come sarebbe andata.
L’intera discesa sul ghiacciaio è occupata a pensare a come abbia potuto commettere uno sbaglio simile. Superficialità, ecco tutto. Ma questo, in montagna, non deve mai capitare!
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