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Un diario personale dove cercherò di non farvi trovare solo gradi e prestazioni sterili ma emozioni legate alle salite, paure condivise con amici, strette di mano, abbracci, racconti semplici e quant'altro ci consenta di sognare...

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Luglio 2001
Una bellissimo tramonto sulla Val d’Ombretta è il preludio d’inizio di una splendida giornata.
La notte faccio fatica a prendere sonno, sia per l’abbondante cena ingurgitata sia per un poco di tensione pre scalata. D’altronde ci troviamo sotto la Regina delle pareti…
Il primo sole ci vede attaccare in conserva i facili tiri iniziali, per poi continuare lungo placche e fessure di ottima roccia. Un errore di valutazione mi porta a sbagliare un tiro e salire delle placche poco proteggibili alla sua sinistra, riuscendo però più in alto a rientrare sulla via originale con la soddisfazione di aver pure superato due cordate che ci precedevano!
La salita poi scorre bene, superiamo un diedro umido ed impegnativo e poco dopo raggiungiamo la grande cengia.
Dopo un veloce spuntino attacchiamo decisi la parte alta del pilastro, senza neanche accorgerci di essere completamenti avvolti dalle nebbie…
Dopo uno strapiombino ostico, i tiri scorrono facili e veloci.
Poi, tutto d’un tratto allegria comincia a scemare…
Sto salendo una facile placca, raggiungo la sosta e mi auto assicuro; non faccio a tempo ad urlare al mio compagno di mollare la corda quando un sasso mi colpisce diretto sul casco, facendomi accasciare al suolo.
Dopo pochi secondi mi rialzo e urlo al mio compagno di aspettare; mi gira la testa è mi viene la nausea. Che botta ! Controllo la testa e sembra tutto ok, poi impreco in direzione dei due ragazzi sopra di me che si stanno già scusando per avermi scaricato addosso involontariamente il sasso.
Recupero in sosta il mio compagno e, dopo una piccola pausa, ripartiamo. Il tiro successivo lo cedo al mio compagno essendo ancora bello stordito. Poi, inaspettatamente, mentre sto salendo una placca impegnativa inizia a… nevicare ! Neve gelata talmente fitta che in poco tempo imbianca tutto; per fortuna è asciutta e basta soltanto pulire con le mani appigli e appoggi.
Arrivo in sosta proprio quando smette; il tiro chiave si intravede minaccioso sopra le nostre teste.
Giò sbaglia a salire e, anziché salire in placca a sinistra, affronta direttamente una fessura verticale/strapiombante chiodata sopra la sosta; dopo circa quindici metri i chiodi finiscono e il muro soprastante non lascia spazio di salita. Inizia così un bel pendolo a sinistra nel vuoto che, con qualche imprecazione e un po’ di strizza al sedere, lo porterà in sosta.
Quando arrivo all’ultimo chiodo prima del traverso ci penso un attimo prima di mollarmi e, dopo averlo fatto, tentando di arrampicare parto in pendolo senza neanche accorgermene; che strizza !!
Arrivo in sosta e riparto per un lungo diagonale a sinistra quando inizia a piovere; e piove, piove tanto ! Siamo a tre tiri dall’uscita e il temporale ci becca in pieno, scaricandoci addosso ettolitri di acqua. Fa freddo e bagnati fino all’osso, tremiamo come pulcini. Il tiro del traverso, completamente fradicio, si rivelerà ben più duro di quanto non lo sia già da asciutto… ma arrivo in sosta. Recupero Giò che riparte per l’ultimo tiro, un diedro canale completamente trasformatosi in una cascata d’acqua… I due ragazzi che ci precedono sono appena usciti dalla “condotta forzata” e stanno affrontando l’ultimo facile tiro; ad un tratto, sotto la pioggia battente ed in mezzo alla nebbia, sento un urlo poi, vedo passare un’ombra. Penso: Giò è volato, ma non mi arriva lo strappo ! O c…o, penso non sarà successo qualcosa…
Poi, la voce liberatoria del mio compagno che urla “sostaaaaa”.
Lo raggiungo cercando di respirare sotto il fiume che mi travolge e vengo a conoscenza dell’accaduto: il capocordata che ci precede, a tre metri dall’uscita (ma proprio tre metri, da non crederci…) su una placca di terzo grado liscia e bagnata dall’acqua scivola e si fa, così di botto, un bel volo di dieci-dodici metri prendendo una bella botta al braccio e una bella paura…
Come rischiare di ammazzarsi a tre metri dalla vetta!
La stretta di mano in vetta, dopo essere usciti dall’uragano, è ancora più forte ed accompagnata da un beffardo sole che comincia a fare capolino. Abbiamo impiegato più tempo per salire i cinque tiri finali che i primi diciotto… Qui conosciamo i nostri compagni di salita: due simpatici ragazzi di Trieste con i quali facciamo subito amicizia e condividiamo le emozioni della salita appena conclusa.
Tre veloci doppie ci portano sul nevaio e sulle piste da sci che scendiamo velocemente in scarpe da ginnastica (!) con il martello in mano a mò di piccozza per frenare (!) una eventuale caduta…
Alle 18.00 siamo ad Fedaia; ha smesso di piovere ma il cielo è plumbeo da fare paura. In quattro seduti sul ciglio della strada, sporchi e fradici, aspettiamo con ansia che qualche anima pia si fermi ma nessuno… Stasera sembra che nessuno voglia darci un passaggio…
Inizia nuovamente a piovere nel momento in cui una macchina, con una famiglia al completo, si ferma e ci carica tutti e quattro; ci stringiamo come sardine in sette ma non ci importa, l’importante è arrivare a Malga Caldea.
Alle 20.00 siamo tutti al campeggio, stanchi ma felici; alle 21.00 apriamo la porta di una pizzeria in centro ad Alleghe e la richiuderemo a mezzanotte passata, pieni di cibo e molta birra, non dopo aver salutato i nostri “compagni di viaggio”. Che navigata….


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